Quest’estate sono ritornata in Africa, a decidere per me è stato il “mal d’Africa “ che per anni è rimasto sopito e all’improvviso è riemerso esigendo di essere soddisfatto con un nuovo ritorno alle origini che solo il continente africano è in grado di regalare. Destinazione di questo ritorno il Kenya e questo non vuol essere il diario puntuale di ciò che abbiamo visto o fatto, ma solo un omaggio al paese ed alle persone che abbiamo conosciuto durante il nostro soggiorno.
Siamo atterrate in una Nairobi addormentata, ad attenderci il nostro “padrone di casa”, John in abiti tradizionali non ci ha lasciato dubbi siamo in Kenya, il paese del fiero popolo Maasai. Nairobi come tutte le grandi città in via di sviluppo, regalo della globalizzazione, si presenta con grandi palazzi, tanto traffico e gente che cammina veloce e ti passa vicino senza nemmeno vederti; è una città impegnata a crescere e ad uniformarsi alle altre metropoli del pianeta. La parola che la rappresenta è Business. Non mi ha dato nessuna emozione e sono felice che si sia fatto solo un rapido giro doveroso, per vedere i palazzi storici del centro, lascito della colonizzazione inglese.
Quello che avevo in mente partendo dall’Italia, era di scappare dalla frenesia, rivedere i paesaggi che per anni ho portato nel cuore, quelli che molti film e libri ci hanno fatto conoscere. Gli spazi immensi della savana, i cieli tersi, le acacie a forma di ombrello sullo sfondo, le giraffe, gli elefanti e tutta l’arca di Noè a dissetarsi alle pozze nei parchi. Volevo viaggiare ad un’altra velocità! Come le persone che camminano lentamente sul ciglio della strada o stanno sedute ad aspettare un passaggio, ai nostri occhi di esagitati schiavi dell’orologio sembra che non debbano andare da nessuna parte, ma in realtà loro arriveranno ovunque debbano andare, ma senza affanno. Incrociare i matatu coloratissimi stracarichi di gente e merci che sfrecciano così veloci che pensi vogliano decollare, volevo girare per i mercati colorati e conoscere il vero volto del paese: la gente. Volevo provare emozioni intense di fronte agli allestimenti scenografici che questo paese sa offrire con la sua varietà di paesaggi, andare dove tutto va avanti, ma pole pole, dove la gente ti guarda e ti dice jambo, provare l’emozione di dormire in una manyatta, anche se accessoriata per turisti.
E grazie a questo viaggio ogni desiderio si è realizzato. Sono tante le cose che rappresentano il Kenya, ma tre in particolare sono quelle che porterò sempre con me : l’immensità dei paesaggi, i colori e le persone
L’immensità dei paesaggi
Come non rimanere affascinati dalla Rift Valley vista dal punto panoramico posto a 2666 m dell’altopiano, anche con un po’ di foschia si intuisce la grandiosità di questo grand canyon africano è uno spettacolo che toglie il fiato e non solo per l’altezza a cui ci si trova. Il cratere Menengai grandissimo, rigoglioso di vegetazione, sembra un giardino circondato da mura, ma i suoi piccoli geyser attivi, sono lì a ricordare che sotto dorme un vulcano. Sensazione di pace assoluta, questo ho provato quando dai punti panoramici dei tre parchi visitati (Nakuru, Amboseli e Tsavo East) il mio sguardo ha potuto vagare libero senza ostacoli per distanze che da noi sono inimmaginabili, un benessere totale come se il richiamo ancestrale del ritorno a casa si fosse placato, da questi territori hanno mosso i primi passi i nostri antenati verso la conquista del pianeta, a questi territori la mia anima è ritornata. Ma anche quando ci siamo ritrovati su alture meno note e meno frequentate (visita alle famiglie masaai di montagna) l’emozione è stata talmente tanta che mi è venuto spontaneo pensare a quanto siamo piccoli e insignificanti davanti a questo spettacolo e a quanto poco si stia facendo per preservare questo grande dono che è la natura.
I colori
Sono ovunque e colpiscono con diversa intensità a seconda dell’ora e del luogo. I morbidi colori dell’alba in mezzo alla savana al risveglio della natura lasciano presto spazio all’intenso gioco cromatico della terrà (bianca nera o rossa a seconda della zona) e della vegetazione sempre in attesa di poter ricevere la pioggia che il cielo tarda a donarle. Il cielo blu intenso, sempre cosparso di enormi nuvole in continuo movimento, così vicine alla terra da dare l’impressione di poter essere afferrate, nuvole che creano un continuo gioco di luce ed ombre sul terreno, arso dal furore del sole africano che con la sua luce nelle ore di punta affievolisce i colori del paesaggio, ma non quelli che si possono ritrovare nei tessuti vivaci indossati dalle donne. A fine giornata, durante la passeggiata nella savana, quando i colori iniziano a perdere intensità e tutto si ridipinge con colori pastello pensi che sia tutto finito invece il gioco dei colori riprende rossa la terra arancione il cielo, il sole gioca con le nuvole prima di spegnersi del tutto e noi tutte le volte immobili, silenziose con lo sguardo all’orizzonte come bambini affascinati di fronte uno spettacolo pirotecnico.
Le persone
Come sempre le persone sono quelle che rendono vero il tuo viaggio, sono loro che ti hanno aiutato a conoscere e comprendere la realtà del paese che hai visitato. Le persone che ti hanno raccontato storie, che ti hanno invitato nelle loro case per bere un chai insieme, che hanno cantato per te, che ti hanno coinvolto nelle loro danze e nelle loro speranze per il futuro. Impossibile dimenticare l’accoglienza e l’ospitalità, che ci è stata riservata al Muteleu Maasai Traditional Village, non semplici viaggiatrici, ma come persone di famiglia in visita. La cura di mamma Rodha nel prepararci i pasti, le sere intorno al fuoco con zio James e altri parenti, le passeggiate nella savana con Qasainne, le giornate trascorse con John nostra giuda e mentore, ma soprattutto amico. Mi rimarranno nel cuore le facce segnate dal tempo e le mani segnate dal lavoro delle donne che ho incontrato nei mercati e nei villaggi, gli sguardi degli uomini curiosi, ma discreti che ci hanno osservato aggirarci al mercato del bestiame. E poi i sorrisi dei bambini con i quali ho giocato a fare il fotografo e ed i sorrisi degli adulti ai nostri tentativi di sfoggiare alcune parole in swahili o maasai. Sì, i sorrisi saranno il ricordo più bello perché nonostante i problemi e la povertà le persone in Kenya non si dimenticano mai di sorridere e di ringraziare per quello che gli è stato donato.